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06/03/2023L’immunoterapia in aggiunta alla chemioterapia in prima linea aumenta la sopravvivenza libera da progressione di malattia, soprattutto nei tumori con difetti di funzionamento del complesso del DNA mismatch repair
La combinazione della chemioterapia con l’inibitore del checkpoint immunitario avolumab ha mostrato un miglioramento nella sopravvivenza libera da progressione di malattia nelle pazienti con carcinoma endometriale avanzato o recidivante non trattato, come dimostra lo studio multicentrico italiano di fase 2 MITO END-3 recentemente pubblicato su The Lancet Oncology.
Per le pazienti con carcinoma endometriale recidivante o metastatico il trattamento di prima linea consiste nella chemioterapia con carboplatino e paclitaxel o nella terapia ormonale, a seconda delle caratteristiche istologiche e cliniche; tuttavia, l’introduzione dell’immunoterapia potrebbe cambiare il quadro del trattamento poiché il cancro dell’endometrio è un tumore immunogenico. Pertanto, lo studio di fase 2 MITO END-3 condotto presso 31 istituti oncologici, ospedali e università in Italia ha voluto confrontare carboplatino e paclitaxel rispetto ad avelumab più carboplatino e paclitaxel come trattamento di prima linea per pazienti con carcinoma dell’endometrio avanzato o ricorrente, con avelumab somministrato in concomitanza alla chemioterapia e poi come mantenimento dopo la fine della chemioterapia. 125 pazienti sono state randomizzate a ricevere carboplatino e paclitaxel per via endovenosa ogni 3 settimane per 6-8 cicli oppure avelumab in aggiunta a carboplatino e paclitaxel ogni 3 settimane e poi ogni 2 settimane come singolo trattamento di mantenimento dopo la fine della chemioterapia, fino alla progressione della malattia o alla comparsa di tossicità. Dopo un follow-up mediano di 23,3 mesi, la mediana di sopravvivenza libera da progressione di malattia è stata di 9,9 mesi nel gruppo standard e di 9,6 mesi nel gruppo sperimentale. La maggior lunghezza della sopravvivenza libera da progressione di malattia è dipesa soprattutto dai pazienti con difetti di funzionamento del complesso del DNA mismatch repair: in questa popolazione il beneficio era evidente e le curve di sopravvivenza globale hanno mostrato un vantaggio clinico significativo, mentre le altre pazienti non hanno tratto beneficio dall’aggiunta dell’immunoterapia. «Il cancro dell’endometrio avanzato è difficile da trattare e le pazienti di solito ricevono una chemioterapia, che si traduce in bassi tassi di risposta», scrivono gli autori. «L’uso dell’immunoterapia in un contesto di prima linea combinato con la chemioterapia potrebbe essere un’opzione preziosa per migliorare l’esito delle pazienti con carcinoma endometriale avanzato o recidivante: i nostri risultati supportano ulteriori ricerche per verificare se avelumab possa essere un’efficace aggiunta alla chemioterapia nel trattamento di prima linea per pazienti con un carcinoma endometriale avanzato o ricorrente che all’immunoistochimica risulti presentare difetti di funzionamento del complesso del DNA mismatch repair», concludono gli autori.
