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06/02/2023In uno studio di fase II questo inibitore covalente di FGFR ha indotto una risposta clinica nel 42% dei pazienti, inclusi quelli già molto pre-trattati
Il colangiocarcinoma intraepatico è un tumore raro con una prognosi sfavorevole in cui le alterazioni del recettore 2 del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR2), che si verificano fino al 14% dei pazienti, sono emerse come promettenti bersagli farmacologici; un nuovo studio di fase II, recentemente pubblicato su The New England Journal of Medicine, mostra che futibatinib, un inibitore covalente di FGFR1-4 di nuova generazione, può portare a benefici clinici misurabili nei pazienti con questo tumore, compresi quelli con una malattia già pesantemente trattata.
Due inibitori selettivi dell’FGFR1–3, pemigatinib e infigratinib, hanno ricevuto l’approvazione accelerata della Food and Drug Administration per il trattamento del colangiocarcinoma metastatico avanzato refrattario, con fusioni o riarrangiamenti di FGFR2 confermati. La natura irreversibile e covalente del legame di futibatinib, oltre al suo sito di legame distinto, rendono questo farmaco meno suscettibile di pemigatinib e infigratinib alle mutazioni di resistenza sul bersaglio; per questo è stato testato in uno studio di fase II in aperto, a singolo gruppo, che ha arruolato 103 pazienti con colangiocarcinoma intraepatico non resecabile o metastatico, positivo alla fusione di FGFR2 o al riarrangiamento di FGFR2, con progressione della malattia dopo una o più precedenti linee di terapia sistemica (esclusi gli inibitori FGFR). I pazienti hanno ricevuto futibatinib per via orale (20 mg) una volta al giorno in un regime continuo; su 103 pazienti, 43 hanno mostrato una risposta e la mediana di durata della risposta è stata di 9,7 mesi, con risposte coerenti in tutti i sottogruppi di pazienti, compresi quelli pesantemente pretrattati. Al follow-up mediano di 17,1 mesi, la mediana di sopravvivenza libera da progressione di malattia è stata di 9 mesi e la sopravvivenza globale è stata di 21,7 mesi. Gli eventi avversi correlati al trattamento hanno portato all’interruzione permanente di futibatinib nel 2% dei pazienti; non si sono verificati decessi correlati alla terapia e la qualità della vita è stata mantenuta durante il trattamento. «La ricerca clinica e traslazionale ha dimostrato che il colangiocarcinoma intraepatico positivo alla fusione o al riarrangiamento di FGFR2 è un tumore che può essere trattato. I dati di questo studio indicano che futibatinib comporta un beneficio clinico misurabile nei pazienti con questa malattia, sottolineando il valore dello studio del profilo molecolare per identificare i tumori che possono rispondere all’inibizione di FGFR2», concludono gli autori.
