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11/10/2021
I meccanismi alla base dell’’evasione’ immunitaria precoce del tumore al colon-retto
25/10/2021Tre sono i tipi di fibroblasti presenti nel tumore al polmone non a piccole cellule, con differenze che hanno un impatto sostanziale sulla possibilità di rispondere alle terapie a bersaglio molecolare
Valutare i fibroblasti associati al tumore (CAF) per capire come potrà rispondere il paziente alle terapie a bersaglio molecolare e sceglierle di conseguenza: è l’ipotesi avanzata da un recente studio pubblicato su Cancer Cell, che ha identificato tre differenti sottotipi di fibroblasti con diverse proprietà funzionali, associati anche a dissimili risposte alle terapie.
Per lo studio gli autori hanno analizzato un’ampia varietà di fibroblasti estratti dalle biopsie di pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, mettendoli in coltura per creare una sorta di ‘libreria’ di CAF eterogenei su cui valutare le differenze funzionali e la risposta alle terapie, applicando in coltura i farmaci a cui era stato sottoposto il relativo paziente. Così facendo gli autori hanno identificati tre diversi tipi di CAF: i fibroblasti che esprimono in abbondanza il fattore di crescita degli epatociti (HGF) e il fattore di crescita dei fibroblasti 7 (FGF7) e rispondono bene alle terapie con inibitori delle tirosin-chinasi, quelli che esprimono soprattutto FGF7 e hanno un profilo moderatamente protettivo in caso di terapia, quelli che non esprimono nessuno dei due fattori e che risultano più resistenti alle cure.
Le differenze funzionali fra fibroblasti si associano infatti a differenze anche nel microambiente tumorale immunitario e nella risposta clinica alle terapie a bersaglio molecolare. Nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato sono presenti mutazioni del recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR, nel 20% dei casi) e fusioni della chinasi del linfoma a grandi cellule anaplastico (ALK, 5%): in questi casi l’uso degli inibitori delle tirosin-chinasi è lo standard di cura, ma pazienti con le stesse alterazioni genetiche non traggono uguali benefici dal medesimo trattamento e solo pochi raggiungono la risposta completa, mentre la maggioranza ha diversi gradi di risposta o nessuna risposta. I meccanismi di resistenza sembrano includere fattori di crescita come HGF e FGF7 e il nuovo studio mostra che la categoria funzionale dei CAF identificata attraverso la loro espressione può fare la differenza perché cambiando il microambiente tumorale modifica le risposte del tumore ai farmaci e anche l’opportunità di impiego dell’immunoterapia: la terza categoria, in cui non c’è un’espressione di GHG e FGF7, potrebbe beneficiarne di più vista la presenza di linfociti che infiltrano il tumore. «Il nostro approccio di valutazione dell’eterogeneità dei CAF potrebbe diventare un paradigma valido per migliorare la gestione dei pazienti; al di là delle terapie a bersaglio molecolare, questa classificazione ha anche la potenzialità per aiutare nella valutazione dei casi nel contesto dell’immunoterapia e potrebbe aiutare la ricerca in altri aspetti dello studio della biologia dei tumori», concludono gli autori.
