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03/05/2021Non solo contro il tumore del polmone e della tiroide, selpercatinib potrebbe rivelarsi un’arma in più anche per altri tumori solidi: il farmaco ha infatti mostrato di essere sicuro e di indurre una risposta in nove neoplasie sulle dodici esaminate nel trial di fase I/II Libretto-001, presentato all’ultimo congresso dell’American Association for Cancer Research.
Selpercatinib è un inibitore selettivo di RET (REarranged during Transfection) ed è quindi utile per i tumori in cui ci sono alterazioni o soprattutto fusioni di questo gene; è stato approvato dalla Food and Drug Administration nel 2020 per il carcinoma polmonare non a piccole cellule diffuso (in cui la fusione di RET, presente in circa l’1-2% dei casi, aumenta la tendenza a dare metastasi nel cervello), per il carcinoma midollare avanzato della tiroide con mutazione di RET e per il carcinoma tiroideo avanzato positivo alla fusione di RET. A dicembre anche il Comitato per i Medicinali per Uso umano dell’European Medicines Agency ne ha raccomandata l’immissione in commercio per i tumori con una fusione RET per cui selpercatinib è già approvato negli Stati Uniti, ma le neoplasie in cui c’è una fusione RET sono parecchie: per questo lo studio Libretto-001, che coinvolge 89 centri di 16 Paesi e sta continuando ad arruolare pazienti con tumori non polmonari positivi ad alterazioni di RET, ha analizzato pazienti con dodici tipologie diverse di cancro.
I ricercatori hanno coinvolto 32 pazienti che quasi sempre erano già stati sottoposti ad altre terapie (in media almeno due linee, ma alcuni a ben nove) e che per lo studio hanno ricevuto 160 mg di selpercatinib per bocca due volte al giorno; oltre alla tollerabilità è stata analizzata l’efficacia, nei casi per i quali è stato possibile un follow-up di almeno sei mesi. I risultati, oltre a confermare un buon profilo di sicurezza (nessuno ha interrotto il trattamento per gli eventi avversi), mostrano un tasso di risposta oggettivo del 47%: in nove tipi di tumore (colon, pancreas, seno, ovaie, piccolo intestino, in xantogranulomi, sarcomi, tumori salivari e carcinoidi) si è osservata una risposta, con un tempo medio per avere i primi effetti pari a 1,9 mesi e una risposta completa in due pazienti, parziale in 13. Il 73% dei casi continuava a manifestare un’efficacia della terapia al cutoff del marzo scorso. Non si sono avute risposte, invece, in pazienti con tumori neuroendocrini rettali, con carcinosarcoma polmonare e in chi aveva un tumore primario sconosciuto.
Nello studio sono stati inclusi pazienti in cui le fusioni del gene RET erano variegate: la più frequente era con NCOA4 (nel 41% dei casi) ma non si sono osservate differenze significative dipendenti dal ‘partner’ genetico della fusione RET. Vivek Subbiah, oncologo dell’MD Anderson Cancer Center dell’università del Texas che ha partecipato al trial, osserva: «Questi dati mostrano che selpercatinib è attivo su varie neoplasie e su fusioni RET variegate; le fusioni RET sono rare (si stima intorno all’1% dei tumori solidi, ndr) e l’attività dimostrata su nove tipi diversi di tumore è incoraggiante e promettente per un’indicazione del farmaco che sia indipendente dal tipo di tessuto coinvolto dal cancro. Inoltre, i risultati indicano l’opportunità di una profilazione genetica dei tumori per identificare alterazioni rare per le quali esistono possibilità di intervento, fra cui le fusioni RET».