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L’immunoterapia neoadiuvante, un approccio promettente per melanoma e tumore al colon

Published by Fondazione Gianni Bonadonna at 03/10/2022
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    Due studi presentati a ESMO 2022 mostrano che una strategia neoadiuvante può offrire risultati migliori di un approccio adiuvante in pazienti con melanoma e tumore del colon

    Risultati incoraggianti da due ricerche presentate durante l’ultimo congresso ESMO: il trial esplorativo NICHE-2 ha mostrato per la prima volta l’efficacia dell’immunoterapia neoadiuvante in pazienti con tumore al colon con difetti di funzionamento del complesso del DNA mismatch repair (dMMR), mentre nello studio SWOG S1801 su pazienti con melanoma resecabile di stadio IIIB-IV una immunoterapia neoadiuvante con un anti-PD-1 ha mostrato risultati migliori rispetto all’approccio adiuvante.
    Nel trial NICHE-2, 112 pazienti con un tumore al colon dMMR non metastatico hanno ricevuto una dose di ipilimumab e due di nivolumab entro sei settimane dalla chirurgia (con una media di 5.4 settimane fra la prima dose e la chirurgia). L’endpoint primario di sicurezza è stato raggiunto e una risposta patologica si è osservata nel 99% dei pazienti, con una risposta patologica maggiore e una risposta patologica completa osservate nel 95% e nel 67% dei pazienti, rispettivamente. Nessuno dei pazienti ha avuto una recidiva di malattia dopo un follow-up mediano di 13.1 mesi.
    Nel trial SWOG S1801, 313 pazienti con un melanoma resecabile di stadio IIIB-IV sono stati randomizzati a ricevere una terapia adiuvante (chirurgia e 18 dosi di pembrolizumab) o neoadiuvante (3 dosi di pembrolizumab prima dell’intervento, chirurgia e 15 dosi di pembrolizumab adiuvante). A un follow-up mediano di 14.7 mesi, la sopravvivenza libera da eventi è risultata significativamente superiore con l’approccio neoadiuvante rispetto a quello adiuvante, con eventi avversi simili e un 21% di pazienti nel braccio neoadiuvante con una risposta patologica completa.
    Entrambi gli studi mostrano un beneficio con la terapia neoadiuvante, che offre la possibilità di ridurre il rischio di recidive utilizzando brevi cicli di terapia vantaggiosi in termini di efficacia, qualità di vita del paziente e utilizzo delle risorse sanitarie. La strategia controintuitiva di mantenere in sede il tumore durante il trattamento è basata su un razionale solido: l’uso neoadiuvante di inibitori dei checkpoint attiva sia la fase di priming immunitario nel tessuto tumorale, sia la fase effettrice nel microambiente tumorale. Questo doppio attacco è indotto con minore intensità se il tumore macroscopico è già stato rimosso, come accade con la terapia adiuvante, e i dati mostrano che l’immunoterapia neoadiuvante comporta l’espansione di un maggior numero di cloni di cellule T rispetto al trattamento adiuvante. I dati da questi studi hanno il potenziale per cambiare il paradigma clinico, ma occorre comprendere più a fondo i benefici relativi delle due strategie attraverso trial ben disegnati: molti mettono a confronto in realtà una terapia neoadiuvante e adiuvante con la sola terapia adiuvante, rendendo complessa la valutazione precisa dell’elemento che sta offrendo il reale beneficio. Per determinare i vantaggi relativi dell’approccio neoadiuvante e adiuvante, quindi, la sfida più importante è ora condurre studi controllati e ben disegnati che possano distinguere fra le due componenti del trattamento.

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