Nella seconda analisi ad interim del trial OlympiA l’inibitore PARP olaparib in terapia adiuvante conferma un significativo miglioramento nella sopravvivenza libera da malattia invasiva e nella sopravvivenza libera da malattia a distanza per pazienti con tumore mammario precoce ad alto rischio, HER2-negativo e con varianti patogeniche o probabilmente patogeniche in linea germinale di BRCA1 o BRCA2 (gBRCA12pv); i risultati, pubblicati di recente su Annals of Oncology, mostrano anche un beneficio nella sopravvivenza complessiva, senza nuove segnalazioni in merito alla sicurezza.
Per il trial randomizzato e in doppio cieco OlympiA, 1836 pazienti con tumore mammario precoce gBRCA1/2pv sono state assegnate casualmente a ricevere per un anno olaparib o placebo dopo una chemioterapia neoadiuvante, la chirurgia e una radioterapia se indicata. La prima analisi ad interim aveva dimostrato in precedenza un miglioramento statisticamente significativo nella sopravvivenza libera da malattia invasiva e nella sopravvivenza libera da malattia a distanza; ora, dopo un follow-up mediano di 3.5 anni, questa seconda analisi ad interim ha dimostrato un beneficio significativo nel gruppo trattato con olaparib rispetto al placebo. La sopravvivenza complessiva a 4 anni è risultata infatti dell’89.8% nel gruppo trattato con olaparib e dell’86.4% con il placebo; la sopravvivenza libera da malattia invasiva a 4 anni è stata rispettivamente dell’82.7% e del 75.4% e la sopravvivenza libera da malattia a distanza a 4 anni dell’86.5% contro il 79.1%, con vantaggi clinici evidenti in tutti i maggiori sottogruppi di pazienti e senza nuovi segnali relativi alla sicurezza. «I risultati sottolineano l’importanza di fare test per gBRCA1/2pv nelle pazienti con una nuova diagnosi di tumore mammario precoce ad alto rischio. Il follow-up in cieco prosegue per valutare gli effetti a lungo termine sul rischio di recidive del tumore mammario e di altre neoplasie secondarie, ma anche per dare indicazioni per futuri studi traslazionali per comprendere i meccanismi di resistenza a olaparib in terapia adiuvante», concludono gli autori.