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14/11/2022Una terapia adiuvante con l’inibitore PARP olaparib migliora la sopravvivenza complessiva nel tumore mammario precoce ad alto rischio
Nella seconda analisi ad interim del trial OlympiA l’inibitore PARP olaparib in terapia adiuvante conferma un significativo miglioramento nella sopravvivenza libera da malattia invasiva e nella sopravvivenza libera da malattia a distanza per pazienti con tumore mammario precoce ad alto rischio, HER2-negativo e con varianti patogeniche o probabilmente patogeniche in linea germinale di BRCA1 o BRCA2 (gBRCA12pv); i risultati, pubblicati di recente su Annals of Oncology, mostrano anche un beneficio nella sopravvivenza complessiva, senza nuove segnalazioni in merito alla sicurezza.
Per il trial randomizzato e in doppio cieco OlympiA, 1836 pazienti con tumore mammario precoce gBRCA1/2pv sono state assegnate casualmente a ricevere per un anno olaparib o placebo dopo una chemioterapia neoadiuvante, la chirurgia e una radioterapia se indicata. La prima analisi ad interim aveva dimostrato in precedenza un miglioramento statisticamente significativo nella sopravvivenza libera da malattia invasiva e nella sopravvivenza libera da malattia a distanza; ora, dopo un follow-up mediano di 3.5 anni, questa seconda analisi ad interim ha dimostrato un beneficio significativo nel gruppo trattato con olaparib rispetto al placebo. La sopravvivenza complessiva a 4 anni è risultata infatti dell’89.8% nel gruppo trattato con olaparib e dell’86.4% con il placebo; la sopravvivenza libera da malattia invasiva a 4 anni è stata rispettivamente dell’82.7% e del 75.4% e la sopravvivenza libera da malattia a distanza a 4 anni dell’86.5% contro il 79.1%, con vantaggi clinici evidenti in tutti i maggiori sottogruppi di pazienti e senza nuovi segnali relativi alla sicurezza. «I risultati sottolineano l’importanza di fare test per gBRCA1/2pv nelle pazienti con una nuova diagnosi di tumore mammario precoce ad alto rischio. Il follow-up in cieco prosegue per valutare gli effetti a lungo termine sul rischio di recidive del tumore mammario e di altre neoplasie secondarie, ma anche per dare indicazioni per futuri studi traslazionali per comprendere i meccanismi di resistenza a olaparib in terapia adiuvante», concludono gli autori.
