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Tumori a origine sconosciuta, una speranza dagli inibitori MEK
05/07/2021
Agnosfere e analisi molecolare per trovare terapie per i tumori a origine sconosciuta
19/07/2021

Scarsi risultati con venetoclax nel tumore al seno avanzato o metastatico

Published by Fondazione Gianni Bonadonna at 12/07/2021
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    Metastatic breast cancer that has spread to other parts of the human body as an abstract 3D illustration with tumors in an advanced stage of the disease.

    L’inibitore di BCL-2, associato a fulvestrant, non offre benefici clinici né aumenta la sopravvivenza in pazienti con tumore positivo al recettore per gli estrogeni ed HER2 negativo

    «L’analisi dei dati è negativa. La combinazione venetoclax e fulvestrant non ha migliorato le condizioni delle pazienti né la sopravvivenza complessiva o quella libera da progressione di malattia». Così Geoffrey Lindeman, oncologo del Walter and Eliza Hall Institute for Medical Research di Melbourne, ha sintetizzato i risultati del trial VERONICA durante una presentazione virtuale della ricerca nel corso dell’ultimo congresso ASCO: lo studio di fase II dell’associazione fra l’inibitore di BCL-2 e l’antiestrogeno non ha dato purtroppo i risultati sperati.

    Venetoclax è un inibitore selettivo di BCL-2, una proteina iperespressa nella maggioranza dei carcinomi mammari positivi agli estrogeni; i ricercatori lo hanno associato a fulvestrant, un farmaco che blocca e danneggia i recettori per gli estrogeni, in un piccolo gruppo di donne con tumore al seno localmente avanzato o metastatico positivo al recettore per gli estrogeni ed HER2 negativo: venetoclax aveva infatti mostrato in precedenza una promettente attività in pazienti di questo tipo mai trattate con terapie endocrine e positive a BCL-2. Il trattamento di prima scelta in queste pazienti è una combinazione di terapia endocrina e inibitori di CDK4/6, ma la progressione di malattia è inevitabile e per questo si stanno tentando strade diverse come l’associazione fra venetoclax e fulvestrant, valutata in questo caso su donne che non avevano ricevuto più di due linee di terapia nella fase di malattia localmente avanzata o metastatica e che erano state trattate con un inibitore di CDK4/6 almeno otto settimane prima di essere arruolate nel trial. Tutte, oltre a essere positive a BCL-2, avevano ricevuto una terapia ormonale, circa la metà aveva ricevuto una chemioterapia adiuvante, un quarto una chemioterapia neoadiuvante; le pazienti nel braccio di controllo sono state trattate con il solo fulvestrant.

    I ricercatori hanno valutato, oltre a elementi come sicurezza, tollerabilità e farmacocinetica, il tasso di beneficio clinico (ovvero la risposta completa, parziale e il tasso di malattia stabile) dopo almeno 24 settimane, la sopravvivenza libera da malattia, la sopravvivenza globale, il tasso di risposta obiettivo e la durata di risposta. Il profilo di sicurezza è risultato compatibile con quello di ciascun farmaco da solo, senza eventi avversi aggiuntivi; tuttavia, indipendentemente dall’espressione di BCL-2, non si sono osservate differenze significative fra il braccio di trattamento con venetoclax-fulvestrant e quello con il solo fulvestrant in nessuno degli endpoint. Un risultato negativo, quindi, che non incoraggia ulteriori indagini sugli effetti della combinazione venetoclax-fulvestrant in pazienti con carcinoma mammario positivo al recettore degli estrogeni ed HER2 negativo, positive a BCL-2. «Resta da capire se un inibitore di BCL-2 possa essere efficace in pazienti che siano responsive alla terapia ormonale ma non siano ancora state trattate con inibitori CDK4/6», ha concluso Lindeman.

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