Un nuovo studio che ha messo a confronto l’efficacia di una chemioterapia di mantenimento con un trattamento a bersaglio molecolare mirato alle alterazioni genomiche dimostra chiaramente che la profilazione genomica del tumore può portare a selezionare terapie efficaci in pazienti con tumore mammario metastatico; i risultati sono stati recentemente pubblicati su Nature.
Grazie alle tecniche di sequenziamento di nuova generazione, l’analisi del DNA ha dimostrato che i driver genomici del cancro possono essere diversi da paziente a paziente. Questa osservazione ha portato allo sviluppo della medicina di precisione, in cui in ciascun paziente viene generato un profilo genomico complessivo e viene prescritta di conseguenza una terapia a target molecolare; tuttavia, restano domande aperte circa l’utilizzo dei risultati ottenuti dalla profilazione genomica nella pratica clinica quotidiana e per le decisioni terapeutiche. Per questo motivo lo studio prospettico e randomizzato SAFIR02-BREAST ha messo a confronto terapie target abbinate alle alterazioni genetiche con una chemioterapia standard di mantenimento in pazienti con tumore mammario metastatico che non over-esprime HER-2. I risultati hanno mostrato che le terapie target abbinate alla genomica della paziente migliorano la sopravvivenza libera da progressione di malattia quando le alterazioni genomiche sono classificate di livello I/II secondo la ESMO Scale for Clinical Actionability of Molecular Targets (ESCAT); nessun miglioramento, invece, è stato osservato nel braccio delle terapie target in pazienti con alterazioni ESCAT oltre i livelli I/II. Gli autori hanno anche fatto notare che le pazienti con mutazioni BRCA1/2 ereditarie hanno ottenuto un ampio beneficio con olaparib. «Il trial SAFIR02-BREAST suggerisce che l’uso dei test genomici possa migliorare l’esito di pazienti con un match fra un farmaco e un alterazione ESCAT di livello I/II», spiegano i ricercatori. «Riferirsi ai risultati della genomica nel contesto di una valutazione dei target di intervento terapeutico dovrebbe perciò essere considerato uno standard di cura. I risultati dello studio devono essere tuttavia interpretati con cautela, poiché gran parte del beneficio osservato con terapie mirate abbinate alla genomica deriva da pazienti con un’alterazione di BRCA1/2 e la piccola dimensione del campione non consente di esplorare quanto possano esser considerate adeguati bersagli nuove alterazioni genomiche», concludono gli autori.