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06/12/2021Le cellule T CXCL13+ sembrano decisive per la risposta ad atezolizumab; l’utilizzo di paclitaxel pare ridurne la quantità, compromettendo l’efficacia della combinazione fra chemioterapico e immunoterapico
Il beneficio della combinazione di una chemioterapia con l’uso degli anti-PD-L1 non è ancora chiaro nel tumore al seno triplo negativo: per questo alcuni ricercatori cinesi hanno deciso di analizzare a fondo il ruolo di diverse cellule immunitarie in un gruppo di 22 pazienti con tumore della mammella triplo-negativo in stadio avanzato trattate con il solo paclitaxel o con paclitaxel in associazione con l’anti-PD-L1 atezolizumab. I risultati, pubblicati su Cancer Cell, mostrano che uno specifico tipo di cellule, i linfociti T CXCL13+, sembra avere un ruolo chiave e deve essere presente perché si possa avere una risposta all’immunoterapia con inibitori del checkpoint immunitario.
I meccanismi di resistenza a questo tipo di immunoterapia non sono ancora ben chiari ma le cellule T presenti nel microambiente tumorale sembrano importanti: per questo i ricercatori ne hanno indagato qualità e quantità utilizzando analisi come il single cell RNA-sequencing e l’ATAC sequencing, con l’obiettivo di capire quali siano le dinamiche immunitarie nelle pazienti con tumore della mammella triplo negativo avanzato in terapia con un chemioterapico da solo o in combinazione con un anti-PD-L1. La presenza di linfociti CXCL13+ è risultata predittiva di una buona risposta all’immunoterapia: alti livelli prima del trattamento sono associati alla presenza di macrofagi con caratteristiche proinfiammatorie e predicono una risposta clinica efficace alla terapia di combinazione; nelle pazienti in cui la cura funziona, inoltre, anche altre cellule immunitarie aumentano (come quelle che inducono il tessuto linfoide o le follicolari B). Tutte queste cellule diminuiscono invece in caso di monoterapia con paclitaxel: il chemioterapico potrebbe perciò compromettere l’effetto di atezolizumab in queste pazienti. La dinamica delle cellule immunitarie nel microambiente tumorale sembra perciò decisiva. «I nostri dati sottolineano l’importanza delle cellule T CXCL13+ per avere una risposta efficace alle terapie con anti-PD-L1 nelle pazienti con tumore della mammella triplo negativo e suggeriscono che la riduzione di queste cellule dovuta a un trattamento con paclitaxel possa compromettere l’esito della combinazione con atezolizumab», osservano gli autori. «I tanti dati epigenetici e trascrittomici che abbiamo raccolto, associati alle sequenze dei recettori sulle cellule T, potranno costituire una risorsa di rilievo per capire gli stati funzionali e le dinamiche delle cellule immunitarie a seguito di diversi regimi terapeutici nel tumore della mammella triplo negativo in stadio avanzato. Anche per questo abbiamo sviluppato un portale interattivo che potrà favorire l’utilizzo dei nostri dati da parte di tutta la comunità scientifica».
