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Tumore al seno triplo negativo, un imaging speciale per prevedere la risposta all’immunoterapia
07/12/2021
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20/12/2021

Tumore al seno triplo negativo, le ultime novità dalle ricerche di Fondazione Michelangelo

Published by Fondazione Gianni Bonadonna at 10/12/2021
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  • Eventi
  • Non categorizzato
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    Metastatic breast cancer that has spread to other parts of the human body as an abstract 3D illustration with tumors in an advanced stage of the disease.

    Al San Antonio Breast Cancer Symposium 2021 4 studi di ricercatori collegati con Fondazione Michelangelo e Fondazione Bonadonna fanno il punto su questo tumore

    La ricerca di Fondazione Michelangelo è protagonista anche al San Antonio Breast Cancer Symposium 2021, dove sono stati appena presentati 4 lavori i cui dati derivano in larga parte dallo studio NeoTRIP disegnato e condotto dai ricercatori della Fondazione: in due sessioni di poster, i nuovi dati traslazionali contribuiscono a chiarire alcuni aspetti chiave del tumore al seno triplo negativo.
    NeoTRIP è uno studio di fase III che ha valutato in pazienti con tumore al seno triplo negativo, operabile ad alto rischio o localmente avanzato, i benefici dell’aggiunta di atezolizumab, un anticorpo contro PD-L1, a chemioterapia con nab-paclitaxel e carboplatino; i nuovi studi sui dati delle pazienti affrontano, per esempio, il tema dell’ottimizzazione del trattamento con inibitori dei checkpoint immunitari attraverso l’identificazione di biomarcatori predittivi. Un lavoro dimostra che l’IO score di 27 geni può essere utilizzato a questo scopo, perché nelle pazienti positive in trattamento con atezolizumab è fortemente predittivo di una risposta patologica completa; un altro lavoro conferma che la dinamica dell’IO score nelle prime fasi della terapia è associata a un maggior tasso di risposta patologica completa, indipendentemente dagli altri biomarcatori individuati in pre-trattamento, e può perciò essere un surrogato precoce del beneficio ottenibile con la terapia.
    Inoltre, un’ulteriore analisi indica inoltre come la valutazione di PD-L1 come biomarcatore predittivo di risposta dipenda molto dal momento in cui lo si valuta durante il trattamento: l’analisi dinamica della sua espressione suggerisce che ci siano significativi cambiamenti nell’ambiente immunitario che sono trattamento-specifici e che potrebbero spiegare perché i valori di PD-L1 al basale e non quelli durante il trattamento sono risultati predittivi della risposta ad atezolizumab nello studio NeoTRIP. Infine il quarto lavoro presentato al congresso statunitense, per il quale oltre ai dati dal NeoTRIP sono stati utilizzati anche dati pubblici di un’altra coorte di pazienti in terapia adiuvante con doxorubicina e ciclofosfamide in terapia neoadiuvante, ha cercato di capire i differenti effetti immunomodulatori dei diversi regimi di chemioterapia che vengono associati agli inibitori dei checkpoint immunitari: entrambi, stando ai risultati, hanno un effetto immunomodulante forte e precoce e le antracicline in particolare sembrano particolarmente efficaci, soprattutto nei tumori ‘scarsamente immuni’. Queste osservazioni possono perciò rivelarsi preziose per la selezione della chemioterapia da associare agli inibitori dei checkpoint immunitari nei tumori che non esprimono PD-L1/non-infiammati.

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