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La ricerca di Fondazione Michelangelo al San Antonio Breast Cancer Symposium 2021
06/12/2021
Tumore al seno triplo negativo, le ultime novità dalle ricerche di Fondazione Michelangelo
10/12/2021

Tumore al seno triplo negativo, un imaging speciale per prevedere la risposta all’immunoterapia

Published by Fondazione Gianni Bonadonna at 07/12/2021
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  • Eventi
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    L’analisi a livello di singola cellula con imaging mass cytometry dà indicazioni sull’eterogeneità del tumore e aiuta a valutare se l’immunoterapia può essere d’aiuto: i nuovi dati dallo studio NeoTRIP

    Dall’imaging con citometria di massa (IMC) possono arrivare importanti indicazioni per capire meglio il tumore al seno triplo negativo e soprattutto per valutare i possibili benefici di un trattamento con l’immunoterapia: lo dimostrano i dati di uno studio di Fondazione Michelangelo, presentati nella sessione di apertura del San Antonio Breast Cancer Symposium 2021 da Giampaolo Bianchini del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Ospedale San Raffaele di Milano e Coordinatore scientifico degli studi traslazionali nel carcinoma mammario in Fondazione Michelangelo.
    L’immunoterapia con inibitori dei checkpoint immunitari, come gli anti-PD-L1, è efficace nel tumore al seno triplo negativo in stadio iniziale e avanzato, ma solo poche pazienti ne beneficiano: capire chi può trarre il maggior vantaggio dalle cure sarebbe perciò utile e per farlo i ricercatori della Fondazione Michelangelo hanno analizzato attraverso l’IMCa campioni provenienti da pazienti arruolate nello studio NeoTRIP. Disegnato e condotto da Fondazione Michelangelo, NeoTrip è uno studio di fase III che ha valutato in pazienti con tumore al seno triplo negativo, operabile ad alto rischio o localmente avanzato, i benefici dell’aggiunta di atezolizumab, un anticorpo contro PD-L1, a chemioterapia con nab-paclitaxel e carboplatino; i ricercatori hanno utilizzato l’IMC su 243 campioni sui quali sono state anche condotte analisi sul microambiente tumorale e l’espressione di 44 diverse proteine in biopsie raccolte prima del trattamento.
    L’analisi con IMC, condotta a un livello di risoluzione spaziale pari a un micron, ha permesso di identificare oltre un milione di singole cellule che si sono potute raggruppare in 37 diversi tipi con fenotipi ben distinti; l’indagine ha consentito di apprezzare la grande eterogeneità tumorale e le differenze nel microambiente tumorale, mentre dal confronto con l’espressione di specifiche proteine ha consentito di identificare alcuni ‘marcatori’ della risposta patologica completa. Per esempio, un’espressione superiore alla media per GATA3 e CD20 nel microambiente tumorale, per HLA-DR nelle cellule epiteliali e per Ki67 nel microambiente e nelle cellule epiteliali è risultata associata a un aumento superiore al 10% della risposta patologica completa nelle pazienti trattate con atezolizumab rispetto a chi non lo aveva ricevuto; dati altrettanto rilevanti sono stati ottenuti dall’analisi dei fenotipi di cellule epiteliali neuroendocrine e di antigen presenting cells, dove l’espressione sopra la media di PD-L1/IDO e CD56+ è risultata associata al 64,6% di risposta patologica completa nelle pazienti trattate anche con atezolizumab.
    I dati mostrano che l’IMC, oltre che essere fattibile, consente una valutazione più approfondita dell’eterogeneità tumorale con una risoluzione spaziale che arriva a livello della singola cellula: una valutazione complessiva dell’espressione di geni e proteine non è altrettanto indicativa, perché non differenzia dove questi geni e proteine sono effettivamente presenti mentre la localizzazione conta. L’IMC quindi potrebbe dare informazioni importanti e predittive per capire le pazienti che possono beneficiare di più dal trattamento con inibitori dei checkpoint immunitari.

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