
Un farmaco immuno-coniugato contro il tumore al seno triplo negativo metastatico
17/05/2021
L’alto carico mutazionale non predice la risposta all’immunoterapia in tutti i tumori
31/05/2021Nel tumore al seno metastatico un’analisi multi-omica personalizzata può fornire informazioni più utili rispetto alla sola valutazione dei biomarcatori
Non solo sequenziamento del DNA: per trovare l’approccio più adatto, personalizzato ed efficace nella terapia del tumore al seno metastatico, un approccio multi-omico in cui siano inglobati dati biologici e dirvers oncogenici è fattibile e può dare buoni risultati. Lo dimostrano i dati del Programma SMMART (Serial Measurements of Molecular and Architectural Responses to Therapy) presentati all’ultimo congresso dell’American Association for Cancer Research: uno sguardo più ampio sulle caratteristiche del tumore è possibile, associando al sequenziamento del DNA tumorale un’analisi approfondita su molti aspetti della neoplasia.
Lo SMMART Program, guidato da Gordon Mills e Joe Gray dell’Oregon Health & Science University Knight Cancer Institute, ha l’obiettivo di sviluppare nuove terapie per tumori in stadio avanzato che siano più durature e tollerabili per i pazienti, cercando di capire perché le chemioterapie smettono di essere efficaci e di mettere a punto interventi che scongiurino la comparsa di resistenza ai trattamenti. Quando i pazienti entrano nel programma viene generato un piano terapeutico attraverso l’analisi dei dati disponibili; quindi i partecipanti vengono monitorati nel corso del trattamento per identificare la risposta tumorale e, in caso di progressione, vengono richiamati per nuove biopsie. Mirato soprattutto ai tumori solidi e in particolare al tumore al seno triplo negativo, il programma segue perciò longitudinalmente i pazienti e prevede l’uso di terapie prescritte in maniera estremamente personalizzata, basate sulle caratteristiche del tumore e sulla genetica del paziente. I nuovi dati presentati all’AACR si riferiscono a 38 pazienti donne per le quali è stata possibile un’analisi approfondita e multi-omica.
Per ciascun caso infatti è stata raccolta la storia clinica dettagliata (comprensiva per esempio della risposta tumorale alle precedenti terapie, dei dati di imaging, dei biomarcatori tumorali nel sangue) e sono state eseguite biopsie (complessivamente 63 da vari tessuti, più biopsie seriali per 15 pazienti); su queste biopsie sono stati quindi eseguiti test di immunoistochimica, il sequenziamento di un pannello di 225 geni, dell’esoma e del trascrittoma e l’analisi di 22 proteine e fosfoproteine tumorali chiave. Dopo la valutazione di tutti i dati raccolti e alla progressione di malattia, a ciascuna paziente è stata assegnata una terapia ‘accoppiata’ o meno al risultato dell’analisi multi-omica; queste indicazioni venivano poi discusse dal board di medici che indicava quindi il piano di trattamento personalizzato, che poteva consistere in una terapia aggiuntiva, un trattamento off-label o l’inserimento in una sperimentazione clinica.
Nelle 12 pazienti che avevano ricevuto la terapia ‘accoppiata’ ai dati emersi dall’approccio multi-omico si è calcolato il rapporto fra sopravvivenza libera da progressione di malattia in seconda linea e prima linea (PFS2/PFS1), evidenziando per 8 di loro un valore pari o superiore alla soglia predeterminata di 1,3. Ben Kong dell’Oregon Health & Science University Knight Cancer Institute, che ha presentato i dati al congresso, si è quindi soffermato su tre casi: una paziente nella quale lo stato di HER2 e quello di ER sono cambiati nel tempo, una in cui è stata impiegata una nuova associazione fra un PARP inibitore e l’inibitore MEK cobimetinib grazie all’analisi delle biopsie seriali nel tempo, una terza in cui è stata identificata una mutazione ERBB3 con un’attivazione a valle dell’asse HER2 che ha permesso di utilizzare trastuzumab con ottimi risultati e una considerevole riduzione dei marcatori tumorali.
«Abbiamo dimostrato la fattibilità di una piattaforma analitica in tempo reale per pazienti con tumore al seno metastatico che può dare nuove prospettive terapeutiche», ha spiegato Ben Kong presentando i dati. «Le risposte cliniche che abbiamo osservato supportano l’utilizzo e l’ulteriore valutazione sperimentale di questo approccio. Il modo migliore perché il team medico che segue il caso possa tener fede al suo ruolo è accertarsi che venga prescritto il miglior trattamento per ciascun paziente; con lo SMMART Program vogliamo essere certi di identificare questo trattamento, individuando il più adatto secondo le evidenze disponibili».