
Combinare citochine e inibitori dei checkpoint, un approccio sicuro e promettente.
21/04/2021Il melanoma uveale metastatico è un tumore per cui non esiste terapia efficace, ma una nuova speranza per la sopravvivenza dei pazienti arriva dai risultati di un trial randomizzato di fase III presentato nel corso dell’ultimo congresso dell’American Association for Cancer Research dell’aprile scorso: una proteina di fusione bispecifica, tebentafusp, ha quasi dimezzato il rischio di decesso nei pazienti con questa neoplasia rara (l’incidenza è stimata fra 5 e 11 casi per milione di persone all’anno) ma molto aggressiva, con una mediana di sopravvivenza di un anno dal rilevamento delle metastasi.
Tebentafusp è un’innovativa terapia biologica bispecifica che ‘accoppia’ un recettore solubile delle cellule T mirato a gp100, antigene espresso nei melanociti e nei melanomi, a un dominio effettore con funzione di immuno-reindirizzamento anti-CD3. La molecola, testata su 378 casi di melanoma uveale metastatico, ha dimostrato un tasso di controllo della malattia del 45% contro il 28% dei pazienti non trattati; inoltre il 73% dei pazienti a cui è stato somministrato tebentafusp era vivo dopo un anno, contro il 58% di chi aveva ricevuto un inibitore di checkpoint o una chemioterapia. Tutto ciò a fronte di effetti collaterali prevedibili e facilmente gestibili, tanto che il tasso di interruzione della terapia è stato inferiore nel gruppo trattato con tebentafusp rispetto al braccio di controllo (2% contro 4,5%).
I ricercatori sottolineano che tebentafusp, se fosse approvato, costituirebbe il primo avanzamento farmacologico di reale rilievo per il trattamento di un tumore per cui non esistono possibilità terapeutiche in grado di aumentare significativamente la sopravvivenza: «Potrebbe diventare lo standard di terapia per i pazienti con melanoma uveale metastatico», sintetizza Jose Lutzky dell’università di Miami, che ha partecipato al trial. In realtà tuttavia la molecola non sarà un’opzione adeguata per tutti i pazienti: il TCR riconosce infatti gp100, ma questo peptide si trova solo in chi ha l’allele HLA-A*02:01, un polimorfismo presente soprattutto in persone di etnia caucasica. Si stima perciò che possa essere utile per circa il 40% dei pazienti globali e anche per questo da Immunocore, l’azienda produttrice di tebentafusp, fanno sapere di voler ‘mirare’ con altrii TCR a ulteriori sottotipi HLA comuni o a molecole MHC ‘non-classiche’, che potrebbero portare allo sviluppo di una proteina bispecifica basata su un TCR universale.
Intanto, la molecola sarà testata come adiuvante in melanomi uveali non metastatici e i ricercatori durante l’ACCR hanno riferito di analisi di fase I/II su 127 pazienti con melanoma uveale metastatico già trattato: da questi dati emerge la possibilità di individuare marcatori di una risposta clinica positiva (fra cui i livelli di IL-6 nel sangue e uno specifico rapporto fra macrofagi e cellule T nelle biopsie pre-trattamento) e soprattutto la capacità di tebentafusp di promuovere l’infiltrazione di linfociti CD8+ nel microambiente tumorale e di aumentare transitoriamente le citochine e chemochine infiammatorie nel sangue. In sostanza, il farmaco riesce a trasformare un ‘deserto immunitario’ in un ambiente in cui l’attività immune è molto ‘vivace’: un effetto evidente, ma negli studi di fase I/II il tasso di risposta è risultato basso (il 5% con tebentafusp in seconda linea, il 9% in prima linea). Lutzky specifica: «Il tasso di risposta non è alto, ma i dati di sopravvivenza sono ottimi: l’analisi a cento giorni dal trattamento mostra un vantaggio evidente con tebentafusp, con il rischio di decesso ridotto del 60% rispetto a chi ha ricevuto altre terapie. E molti pazienti hanno raggiunto l’obiettivo di stabilizzare la malattia», conclude il ricercatore.