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23/08/2021Per la prima volta un’immunoterapia neoadiuvante e adiuvante con pembrolizumab mostra un miglioramento della sopravvivenza libera da eventi in questo tumore
Buone notizie per la terapia del tumore al seno triplo negativo ad alto rischio in stadio precoce, per il quale ci sono finora poche opzioni terapeutiche: lo studio clinico di fase 3 KEYNOTE-522 ha dimostrato che pembrolizumab, un inibitore della proteina PD-1, migliora del 37% la sopravvivenza libera da eventi se somministrato in terapia neoadiuvante associata alla chemioterapia e poi in monosomministrazione come terapia adiuvante. Si tratta della prima dimostrazione statisticamente significativa di efficacia per una terapia anti-PD-1 in questa tipologia di pazienti, che spesso sono giovani e nelle quali c’è un alto tasso di ricaduta entro cinque anni dalla diagnosi.
Pembrolizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato che blocca l’interazione fra PD-1 e i suoi ligandi, attivando così i linfociti T e aumentando la capacità del sistema immunitario di riconoscere e combattere le cellule tumorali; è indicato per il trattamento del melanoma avanzato, del carcinoma polmonare non a piccole cellule, del linfoma di Hodgkin classico, del carcinoma uroteliale e di altri tumori. Lo studio ha coinvolto 1174 pazienti che sono stati randomizzati a ricevere pembrolizumab con vari chemioterapici (paclitaxel, carboplatino, ciclofosfamide e doxorubicina o epirubicina) come terapia neoadiuvante prima della chirurgia, seguita da 9 cicli di solo pembrolizumab ogni 3 settimane in terapia adiuvante dopo la chirurgia, oppure un trattamento neoadiuvante con chemioterapici seguito da un placebo al posto di pembrolizumab.
Al follow-up mediano di 39 mesi la terapia ha comportato un aumento della sopravvivenza libera da eventi, intesi come progressione di malattia che precludesse la chirurgia, recidive locali o a distanza, un ulteriore tumore o il decesso. A tre anni, l’84,5% delle pazienti trattate con pembrolizumab è ancora viva e senza eventi, contro il 76,8% delle trattate con placebo; come già annunciato in precedenza, la risposta patologica completa si è avuta nel 64,8% del gruppo trattato con pembrolizumab e chemioterapia contro il 51,2% del gruppo trattato con la chemioterapia. Il trial sta proseguendo per valutare la sopravvivenza dei pazienti nel lungo termine, ma un’analisi preliminare ha già evidenziato una riduzione della mortalità del 28%, mentre il profilo di sicurezza è risultato compatibile con i dati noti in merito a ciascun regime terapeutico impiegato.
«Considerato l’alto tasso di recidive entro cinque anni dalla diagnosi, per i tumori al seno tripli negativi ad alto rischio in stadio precoce abbiamo bisogno di nuove opzioni terapeutiche», ha spiegato Peter Schmid, direttore del Centre for Experimental Cancer Medicine del Barts Cancer Institute di Londra. «Lo studio è stato disegnato per capire se pembrolizumab in combinazione neoadiuvante/adiuvante possa aiutare a trattare il tumore precocemente; ora, con oltre tre anni di follow-up, vediamo il potenziale di questo approccio. Questi dati sulla sopravvivenza libera da eventi sono molto incoraggianti per i pazienti e ora la combinazione di pembrolizumab più chemioterapia in terapia neoadiuvante seguita da pembrolizumab da solo in terapia adiuvante potrebbe offrire una nuova opzione terapeutica alle donne con cancro al seno triplo negativo ad alto rischio in stadio precoce, una malattia molto aggressiva». «Un numero consistente di pazienti viene già curato dalla sola chemioterapia, di conseguenza è estremamente importante riuscire ad individuare quali pazienti davvero necessitino dell’aggiunta di pembrolizumab. A questo scopo sarà necessario individuare biomarcatori tumorali in grado di predire, per ogni paziente, la migliore strategia terapeutica, al fine di limitare i considerevoli costi e soprattutto evitare la somministrazione di terapie non necessarie ma in grado di provocare significativi effetti collaterali.
